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NOTIZIE IN SINTESI                                                                        

  • Imprese agricole e siccità
  • Nuovi codici tributo controllo automatizzato dichiarazioni 36-bis
  • Nuova guida dell’agenzia delle entrate per la cessione telematica dei crediti d’imposta
  • No alla tassazione sul differenziale positivo della cessione dei crediti di imposta
  • Prescrizione canone rai non pagato
  • Slittamento presentazione domande buone pratiche edilizia

NEWS E INFORMATIVE

  • Versamento dell’acconto Iva per l’anno 2023
  • Al 27 dicembre 2023 scatta la consumazione del reato di omesso versamento Iva dell’anno 2022
  • Ritenuta Irpef ridotta sulle provvigioni: ancora valide le “vecchie” indicazioni
  • Detrazione “ritardata” per le fatture a cavallo d’anno
  • L’invio telematico delle lettere di intento
  • Recupero super Ace e gestione Ace 2023
  • Nuova Imu: i chiarimenti della risoluzione n. 4/DF/2023
  • Whistleblowing: attivazione del canale interno di segnalazione entro il 17 dicembre 2023
  • Dal 2024 obbligo fe generalizzato per forfettari e regime 398 ma rimane il divieto per le prestazioni sanitari

APPROFONDIMENTI

  • Aspetti fiscali e contabili degli omaggi natalizi

SCADENZIARIO

  • Principali scadenze dal 16 dicembre al 15 gennaio 2024

NOTIZIE IN SINTESI

IMPRESE AGRICOLE E SICCITÀ
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre il Decreto del Ministero dell’agricoltura del 25 ottobre contenente le indicazioni necessarie per identificare e richiedere i ristori per le imprese agricole colpite dalla siccità nel corso del 2023.
 (Ministero dell’agricoltura, Decreto 25 ottobre 2023)
NUOVI CODICI TRIBUTO CONTROLLO AUTOMATIZZATO DICHIARAZIONI 36-BIS
Sono stati istituiti con risoluzione n. 60/E/2023 i nuovi codici tributo per il controllo automatizzato dichiarazioni 36-bis. I codici si riferiscono a diversi crediti d’imposta e potranno essere utilizzati nel caso in cui il contribuente intenda versare solo una quota dell’importo complessivamente richiesto.  (Agenzia delle entrate, risoluzione n. 60/2023)
NUOVA GUIDA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE PER LA CESSIONE TELEMATICA DEI CREDITI D’IMPOSTA
È stata pubblicata la nuova guida dell’Agenzia delle entrate relativa alle procedure di cessione telematica dei crediti d’imposta. I crediti oggetto di cessione e presenti in piattaforma sono i seguenti: – “bonus edilizi”, cioè dei crediti relativi alle detrazioni per lavori edilizi per le quali i beneficiari hanno già optato per la cessione del credito o per lo sconto in fattura, di cui sono titolari i cessionari e i fornitori che hanno applicato gli sconti; – “tax credit vacanze”, di cui sono titolari le strutture ricettive, le agenzie di viaggio e i tour operator, a seguito dell’applicazione degli sconti ai propri clienti; – credito d’imposta Ace; – crediti d’imposta riconosciuti in relazione all’acquisto di prodotti energetici quali energia elettrica, gas naturale e anche carburanti.
  (Agenzia delle entrate, guide)
NO ALLA TASSAZIONE SUL DIFFERENZIALE POSITIVO DELLA CESSIONE DEI CREDITI DI IMPOSTA
Con risposta a interpello n. 472/E/2023 l’Agenzia delle entrate replica a un istante che intende acquistare dei crediti d’imposta per bonus edilizi non riconducibili allo svolgimento della propria attività. Tenuto conto che l’acquisto avviene ad un prezzo inferiore al valore dei crediti, secondo l’Agenzia delle entrate l’istante non dovrà imputare il “differenziale positivo” in una delle categorie reddituali previste dal Tuir in quanto l’operazione non genera reddito imponibile         
  (Agenzia delle entrate, risposta a interpello n. 472 del 30 novembre 2023) 
PRESCRIZIONE CANONE RAI NON PAGATO
Con l’ordinanza n 33213 del novembre 2023 la Cassazione fissa un principio sulla prescrizione del canone Rai in 10 anni e non in cinque, poiché, in assenza di una disciplina derogatoria, occorre applicare il termine decennale dell’articolo 2946, cod. civ. previsto per le imposte sui redditi e l’Iva.
     (Cassazione, ordinanza n 33213/2023)
SLITTAMENTO PRESENTAZIONE DOMANDE BUONE PRATICHE EDILIZIA
Lo scorso 5 settembre è stata aperta la procedura relativa al bando Inail “Buone pratiche in edilizia 2023” che intende premiare esempi positivi di procedure di sicurezza per il lavoro in edilizia; con avviso del 28 novembre Inail comunica la proroga per l’inoltro delle domande che dal 5 dicembre 2023 slitta al 5 febbraio 2024, alle ore 18.00.
   (Inail, avviso del 28 novembre 2023)

NEWS E INFORMATIVE

VERSAMENTO DELL’ACCONTO IVA PER L’ANNO 2023

Entro il prossimo 27 dicembre 2023 i soggetti che eseguono le operazioni mensili e trimestrali di liquidazione e versamento dell’Iva sono tenuti a versare l’acconto per l’anno 2023.Per la determinazione degli acconti, come di consueto, sono utilizzabili 3 metodi alternativi che riportiamo in seguito.L’acconto va versato utilizzando il modello di pagamento F24, senza applicare alcuna maggiorazione a titolo di interessi, utilizzando alternativamente uno dei seguenti codici tributo:

6013Æper i contribuenti che effettuano la liquidazione dell’Iva mensilmente
   
6035Æper i contribuenti che effettuano la liquidazione dell’Iva trimestralmente

Determinazione dell’acconto

Per la determinazione dell’acconto si possono utilizzare 3 metodi alternativi: storico, analitico, o previsionale.

Modalità di determinazione dell’acconto
I metodi per determinare l’acconto IvaÆStorico88% dell’imposta dovuta in relazione all’ultimo mese o trimestre dell’anno precedente
Analiticoliquidazione “straordinaria” al 20 dicembre, con operazioni effettuate (attive) e registrate (passive) a tale data
Previsionale88% del debito “presunto” che si stima di dover maturare in relazione all’ultimo mese o trimestre dell’anno

Le modalità di calcolo, relativamente a ciascun metodo, sono riassunte nella tabella che segue.

Metodo storicoCon questo criterio, l’acconto è pari all’88% dell’Iva dovuta relativamente: – al mese di dicembre 2022 per i contribuenti mensili; – al saldo dell’anno 2022 per i contribuenti trimestrali; – al IV trimestre dell’anno precedente (ottobre/novembre/dicembre 2022), per i contribuenti trimestrali “speciali” (autotrasportatori, distributori di carburante, odontotecnici). In tutti i casi, il calcolo si esegue sull’importo dell’Iva dovuta al lordo dell’acconto eventualmente versato nel mese di dicembre 2022. Se, a seguito della variazione del volume d’affari, la cadenza dei versamenti Iva è cambiata nel 2023, rispetto a quella adottata nel 2022, passando da mensile a trimestrale o viceversa, nel calcolo dell’acconto con il metodo storico occorre considerare quanto segue: – contribuente mensile nel 2022 che è passato trimestrale nel 2023: l’acconto dell’88% è pari alla somma dell’Iva versata (compreso l’acconto) per gli ultimi 3 mesi del 2022, al netto dell’eventuale eccedenza detraibile risultante dalla liquidazione relativa al mese di dicembre 2022; – contribuente trimestrale nel 2022 che è passato mensile nel 2023: l’acconto dell’88% è pari a 1/3 dell’Iva versata (a saldo e in acconto) per il quarto trimestre del 2022; nel caso in cui nell’anno precedente si sia versato un acconto superiore al dovuto, ottenendo un saldo a credito in sede di dichiarazione annuale, l’acconto per il 2023 è pari a 1/3 della differenza tra acconto versato e saldo a credito da dichiarazione annuale
Metodo analiticoCon questo criterio, l’acconto risulta pari al 100% dell’Iva risultante da una liquidazione straordinaria, effettuata considerando: – le operazioni attive effettuate fino al 20 dicembre 2023, anche se non sono ancora state emesse e registrate le relative fatture di vendita; – le operazioni passive registrate fino alla medesima data del 20 dicembre 2023. Tale metodo può essere conveniente per i soggetti a cui risulta un debito Iva inferiore rispetto al metodo storico. L’opportunità di utilizzare tale metodo, rispetto a quello “previsionale”, descritto di seguito, discende dal fatto che, sebbene oneroso sotto il profilo operativo, non espone il contribuente al rischio di vedersi applicare sanzioni nel caso di versamento insufficiente, una volta liquidata definitivamente l’imposta
Metodo previsionaleAnalogamente a quanto avviene nel calcolo degli acconti delle imposte sui redditi, con questo criterio l’acconto da versare si determina nella misura pari all’88% dell’Iva che si prevede di dover versare per il mese di dicembre dell’anno in corso per i contribuenti mensili o per l’ultimo trimestre dell’anno in corso per i contribuenti trimestrali. Anche tale metodo risulta conveniente per il contribuente nelle ipotesi in cui il versamento dovuto risulti inferiore a quello derivante dall’applicazione del metodo storico. Con questo metodo, contrariamente agli altri due, vi è il rischio di vedersi applicare sanzioni nel caso di versamento che risulta, una volta liquidata definitivamente l’Iva, inferiore al dovuto

L’acconto in situazioni straordinarie o particolari

Contabilità separate: in questo caso il versamento dell’acconto avviene sulla base di tutte le attività gestite con contabilità separata, compensando gli importi a debito con quelli a credito, con un unico versamento complessivo.

Liquidazione dell’Iva di gruppo (società controllanti e controllate): ai fini dell’acconto si deve tenere in considerazione che:

in assenza di modificazioni, l’acconto deve essere versato dalla controllante cumulativamente, con riferimento al dato del gruppo;

nel caso di variazioni della composizione, le controllate che sono “uscite” dal gruppo devono determinare l’acconto in base ai propri dati, mentre la controllante, nel determinare la base di calcolo, non terrà conto dei dati riconducibili a dette società.

Operazioni di fusione: nelle ipotesi di fusione, propria o per incorporazione, la società risultante dalla fusione o l’incorporante assume, alla data dalla quale ha effetto la fusione, i diritti e gli obblighi esistenti in capo alle società fuse o incorporate, che risultano estinte per effetto della fusione stessa.

Casi di esclusione

Sono esclusi dal versamento dell’acconto Iva i soggetti di cui alla seguente tabella (la seguente casistica devi intendersi esemplificativa e non esaustiva).

Casi di esclusione dal versamento dell’acconto Iva
– soggetti con debito di importo inferiore a 103,29 euro; – soggetti che non dispongono di uno dei due dati, “storico” o “previsionale” su cui si basa il calcolo quali, ad esempio: · soggetti che hanno iniziato l’attività nel 2023; · soggetti cessati entro il 30 novembre 2023 (mensili) o 30 settembre 2023 (trimestrali);
· soggetti a credito nell’ultimo periodo (mese o trimestre) dell’anno precedente; · soggetti ai quali, applicando il metodo “analitico”, dalla liquidazione dell’imposta al 20 dicembre 2023 risulta un’eccedenza a credito; – soggetti che adottano il regime forfettario di cui all’art.1 commi da 54 a 89 L. n.190/2014; – soggetti che adottano il regime dei “minimi” di cui all’articolo 27, comma 1 e 2 D.L. 98/2011; – soggetti che presumono di chiudere l’anno in corso a credito, ovvero con un debito non superiore a 116,72 euro, e quindi che in pratica devono versare meno di 103,29 euro (88%); – i produttori agricoli esonerati (articolo 34, comma 6, D.P.R. 633/1972); – soggetti che applicano il regime forfetario ex L. 398/1991; – soggetti esercenti attività di intrattenimento (articolo 74, comma 6, D.P.R. 633/1972); – i contribuenti che, nel periodo d’imposta, hanno effettuato soltanto operazioni non imponibili, esenti, non soggette a imposta o, comunque, senza obbligo di pagamento dell’imposta; – i soggetti che esercitano attività di spettacoli e giochi in regime speciale; – i raccoglitori e i rivenditori di rottami, cascami, carta da macero, vetri e simili, esonerati dagli obblighi di liquidazione e versamento del tributo; – gli imprenditori individuali che hanno dato in affitto l’unica azienda, entro il 30 settembre, se contribuenti trimestrali o entro il 30 novembre, se contribuenti mensili, a condizione che non esercitino altre attività soggette all’Iva

AL 27 DICEMBRE 2023 SCATTA LA CONSUMAZIONE DEL REATO DI OMESSO VERSAMENTO IVA DELL’ANNO 2022

Si avvicina il termine per il versamento dell’acconto Iva per l’anno 2023, momento importante per i soggetti che – nel corso del 2022 – non avessero versato Iva per ammontare superiore a quello tollerato dal D.Lgs. 74/2000.

In particolare, entro il prossimo 27 dicembre 2023, è infatti possibile rimettersi in regola ed evitare le conseguenze penali di tale condotta.

Il reato di omesso versamento Iva

L’articolo 10-ter, D.Lgs. 74/2000 prevede che sia punito con la reclusione chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a una certa soglia.

Secondo la norma a oggi vigente, è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versi, entro il termine di pagamento dell’acconto dell’anno successivo, un importo di Iva risultante dalla dichiarazione annuale superiore a 250.000 euro per ciascun periodo di imposta.

Ne deriva che, nel limite di quanto possibile, entro detto termine si dovrà provvedere a recuperare gli omessi versamenti scoperti che superino tale soglia, al fine di evitare possibili ripercussioni di natura penale.

In ogni caso, ove non fosse possibile tale rimedio, rammentiamo che si ottiene la non punibilità del reato se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti.

Si ricorda peraltro la pronuncia della Corte di Cassazione n. 3256/2021, nella quale viene affermato che, qualora lo “sforamento” sia modesto (nel caso si trattava di uno sforamento inferiore al 10%) e, comunque, il comportamento del contribuente non risulti abituale, troverebbe applicazione l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (articolo 131-bis, c.p.) nel reato di omesso versamento dell’Iva.

Nella valutazione delle irregolarità compiute dal contribuente, in relazione all’applicazione delle disposizioni penali, occorre tenere in considerazione eventuali definizioni agevolate poste in essere ai sensi dell’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, L. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023), purché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello.

RITENUTA IRPEF RIDOTTA SULLE PROVVIGIONI: ANCORA VALIDE LE “VECCHIE” INDICAZIONI

Di regola, nei rapporti di agenzia, la base imponibile su cui vengono calcolate le ritenute Irpef viene commisurata al 50% delle provvigioni corrisposte all’agente (con applicazione di fatto dell’aliquota ridotta dell’11,5%, corrispondente al 50% dell’aliquota applicabile al primo scaglione Irpef, attualmente pari al 23%).

Tuttavia, qualora l’agente si avvalga in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, la stessa base imponibile si riduce al 20% delle provvigioni corrisposte (nella sostanza la ritenuta d’acconto viene calcolata nella misura ridotta del 4,6%, cioè al 20% del 23%), assegnando un vantaggio finanziario non trascurabile allo stesso agente.

Si riporta una tabella che evidenzia l’impatto delle 2 diverse misure (si tralascia, per semplificare i calcoli, l’impatto delle ritenute Enasarco).

 OrdinariaRidotta
Provvigioni1.0001.000
Base imponibile50% = 50020% = 200
Ritenuta d’acconto (23%)11546
Netto885954

Procedura prevista dal D.M. 16 aprile 1983

Secondo quanto previsto dal D.M. 16 aprile 1983 l’agente, per poter godere dell’applicazione della ritenuta ridotta nell’anno successivo, deve necessariamente inviare ai propri committenti un’apposita dichiarazione tramite raccomandata A/R (unica forma consentita dalla citata normativa, ma come in seguito si dirà, l’Agenzia delle entrate ha ammesso anche l’utilizzo della pec) entro il 31 dicembre dell’anno precedente.

Detto termine ordinario viene derogato nel caso di rapporti continuativi, in relazione ai quali la comunicazione deve essere inviata:

Per i nuovi contratti di commissione, agenzia, etc.Æentro 15 giorni dalla stipula
In caso di eventi che possono dar luogo alla riduzione della base di computo (ad es. assunzione di dipendenti) o che possono far venire meno le predette condizioni (ad esempio licenziamento di tutti i dipendenti)Æentro 15 giorni dall’evento
Per le operazioni occasionaliÆentro la data di conclusione dell’attività che dà origine alla provvigione

La predetta riduzione come detto in precedenza viene riconosciuta nei casi in cui l’agente si avvalga in via continuativa dell’opera di dipendenti o “di terzi”.

A tal fine, si considerano soggetti “terzi”:

i soggetti che collaborano con chi percepisce le provvigioni nello svolgimento dell’attività propria dell’impresa (subagenti, mediatori, procacciatori di affari);

i collaboratori dell’impresa familiare direttamente impegnati nell’attività di impresa;

gli associati in partecipazione quando il loro apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro (si ricorda che il D.Lgs. 81/2015, in attuazione della riforma del lavoro definita “Jobs Act”, ha eliminato dal 25 giugno 2015 tali figure contrattuali, lasciando in essere i precedenti rapporti fino alla loro cessazione).

È opportuno ricordare che in base a quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 25-bis, D.P.R. 600/1973 non è possibile applicare il beneficio della riduzione con riferimento a talune tipologie di provvigioni esplicitamente elencate. Vediamo quali sono.

Tipologie di provvigioni escluse dalla riduzione
Provvigioni percepite dalle agenzie di viaggio e turismo
Provvigioni percepite dai rivenditori autorizzati di documenti di viaggio relativi ai trasporti di persone
Provvigioni percepite dai soggetti che esercitano attività di distribuzione di pellicole cinematografiche
Provvigioni percepite dagli agenti di assicurazione per le prestazioni rese direttamente alle imprese di assicurazione
Provvigioni percepite dai mediatori di assicurazione per i loro rapporti con le imprese di assicurazione e con gli agenti generali delle imprese di assicurazione pubbliche o loro controllate che rendono prestazioni direttamente alle imprese di assicurazione in regime di reciproca esclusiva
Provvigioni percepite dalle aziende e istituti di credito e dalle società finanziarie e di locazione finanziaria per le prestazioni rese nell’esercizio delle attività di collocamento e di compravendita di titoli e valute nonché di raccolta e di finanziamento
Provvigioni percepite dagli agenti, raccomandatari e mediatori marittimi e aerei
Provvigioni percepite dagli agenti e commissionari di imprese petrolifere per le prestazioni ad esse rese direttamente
Provvigioni percepite dai mediatori e rappresentanti di produttori agricoli e ittici e di imprese esercenti la pesca marittima
Provvigioni percepite dai commissionari che operano nei mercati ortoflorofrutticoli, ittici e di bestiame
Provvigioni percepite dai consorzi e cooperative tra imprese agricole, commerciali ed artigiane non aventi finalità di lucro

Modifiche apportate dal D.Lgs. 175/2014

Con il D.Lgs. 175/2014 (c.d. Decreto Semplificazioni) il Legislatore, modificando il comma 7 dell’articolo 25-bis, D.P.R. 600/1973, ha previsto l’emanazione di uno specifico decreto attuativo che avrebbe dovuto apportare alcune modificazioni all’adempimento in oggetto.

In particolare, tale decreto:

introduce l’utilizzo della posta elettronica certificata (pec), oltre alla raccomandata A/R;

assegna validità alla comunicazione fino a revoca (quindi non sarà necessario ripeterla ogni anno);

introduce specifiche sanzioni (da 250 a 2.000 euro) nel caso di omessa comunicazione della revoca.

Ad oggi, a distanza di parecchi anni dall’introduzione delle richiamate modifiche, nessun decreto attuativo è stato ancora emanato e pertanto occorrerà fare ancora riferimento alle precisazioni fornite sul punto dalla stessa Agenzia delle entrate.

A chiarire come comportarsi nelle more dell’adozione di tale decreto attuativo è intervenuta la circolare n. 31/E/2014, che ha fissato le regole da seguire nel periodo transitorio, prevedendo in particolare quanto segue:

è possibile effettuare la trasmissione prevista dal D.M. 16 aprile 1983, anche tramite PEC, rispettando comunque i termini dal medesimo previsti (entro il 31 dicembre dell’anno precedente mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero entro i 15 giorni successivi da quello in cui si sono verificate le condizioni, ovvero entro 15 giorni successivi alla stipula dei contratti o all’esecuzione della mediazione);

la dichiarazione così trasmessa (mediante raccomandata o pec), conserva validità ai fini dell’applicazione della ritenuta del 20% anche oltre l’anno cui si riferisce;

permane l’obbligo di dichiarare il venir meno delle condizioni entro 15 giorni dalla data in cui si verificano;

la sanzione amministrativa prevista in caso di omissione si applica anche in caso di dichiarazione non veritiera (dati incompleti o non veritieri) circa la sussistenza dei presupposti per usufruire dell’aliquota ridotta (anche alle dichiarazioni inviate prima dell’entrata in vigore del decreto attuativo si applicherà, se più favorevole, la nuova sanzione, salvo che il provvedimento d’irrogazione della pena pecuniaria sia divenuto definitivo).

Come precisato dall’Agenzia delle entrate, restano “salve in ogni caso le prescrizioni che saranno stabilite dal nuovo decreto di attuazione” che tuttavia a oggi non risulta ancora emanato.

Alla luce di tali previsioni occorre quindi ricordare che:

coloro che hanno già inviato la comunicazione, al fine di vedersi ancora riconosciuta la riduzione delle ritenute Irpef applicate alle provvigioni riconosciute nel 2024, non dovranno più ripresentarla posto che la stessa conserva validità fino a revoca;

coloro che non hanno ancora inviato la comunicazione dovranno, al fine di ottenere dal proprio mandante una riduzione della misura delle ritenute Irpef applicate alle provvigioni riconosciute nel 2024, procedere all’invio della stessa entro il prossimo 31 dicembre 2023 secondo le modalità sopra descritte.

DETRAZIONE “RITARDATA” PER LE FATTURE A CAVALLO D’ANNO

L’articolo 19, comma 1, D.P.R. 633/1972 prevede che:

“Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’ anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”.

L’Agenzia delle entrate ha affermato che la detrazione debba essere esercitata a partire dal momento nel quale si intendono verificati entrambi i seguenti requisiti:

-esigibilità (coincidente di regola con il momento di effettuazione dell’operazione);

-ricezione della fattura.

Quindi, è solo a partire dalla effettiva ricezione del documento di acquisto (che segue l’esigibilità) che il contribuente può esercitare correttamente il diritto alla detrazione dell’Iva assolta su tale acquisto: l’articolo 1, D.P.R. 100/1998 però afferma, in chiave di semplificazione, che:

“Entro il medesimo termine di cui al periodo precedente può essere esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente”.

Proprio in forza di detta norma di semplificazione il contribuente, a fronte di una fattura di acquisto ricevuta in data 13 novembre 2023 (o comunque fino al termine ultimo del 15 novembre 2023) e datata 31 ottobre 2023, ha potuto farla concorrere anticipatamente alla liquidazione Iva del mese di ottobre (trattasi di una facoltà e non di un obbligo).

Allo stesso modo, per i contribuenti che liquidano trimestralmente l’imposta, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il riferimento alle fatture d’acquisto ricevute e annotate entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve intendersi riferito al giorno 15 del secondo mese successivo in linea con il relativo termine della liquidazione.

Ricezione della fattura

Tuttavia, quanto fatto nel corso del 2023 e descritto in precedenza non può essere fatto per le fatture di dicembre 2023 o del quarto trimestre 2023 che saranno ricevute tramite SdI nel mese di gennaio 2024. Ciò in forza dell’ultimo inciso del citato articolo 1, D.P.R. 100/1998 che recita “fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente”.

Le situazioni che, pertanto, possono verificarsi in funzione della diversa data di ricezione e/o registrazione del documento di acquisto sono le seguenti:

FattispecieTrattamentoAnno detrazione
Fatture ricevute e registrate nel mese di dicembre 2023Devono concorrere alla liquidazione Iva del mese di dicembre 20232023
Fatture ricevute nel mese di gennaio 2024 (datate dicembre 2023) e registrate nel mese di gennaio 2024Devono necessariamente confluire nella liquidazione Iva del mese di gennaio 2024 o successive2024
Fatture ricevute nel mese di dicembre 2023 non registrate a dicembre 2023Possono rientrare ai fini della detrazione nella dichiarazione annuale Iva relativa all’anno 2023 da presentare entro il 30 aprile 20242023
Fatture ricevute nel mese di dicembre 2023 e registrate dopo il 30 aprile 2024Possono essere detratte nel 2023 solo attraverso la presentazione di una dichiarazione annuale Iva integrativa relativa all’anno 20232023

Qualora il Sistema di Interscambio non riesca a recapitare la fattura al destinatario, la stessa viene messa a disposizione del cessionario/committente sul portale fatture e corrispettivi e la data di ricezione corrisponde alla data di presa visione/scarico del file fattura. Questo è il momento a partire dal quale sarà possibile detrarre l’Iva per il cliente. Il SdI comunicherà, infine, al cedente/prestatore l’avvenuta presa visione della fattura elettronica da parte del cessionario/committente.

È pertanto consigliabile contattare i propri fornitori affinché le fatture differite relative al mese di dicembre 2023 vengano inviate al Sistema di Interscambio con qualche giorno di anticipo rispetto al 31 dicembre 2023, al fine di poter permettere l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto da parte del cliente nello stesso periodo di imposta di effettuazione dell’operazione.

L’INVIO TELEMATICO DELLE LETTERE DI INTENTO

Gli acquisti sul mercato nazionale senza Iva possono essere effettuati dall’esportatore abituale nei limiti di un importo annuo, definito “plafond”, che si determina verificando l’ammontare complessivo delle operazioni di vendita non imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto effettuate nel periodo di imposta precedente.

La procedura da adottare per emettere la lettera di intento

L’esportatore abituale è il contribuente che nel corso dell’anno solare precedente ha effettuato operazioni di cessioni all’estero (esportazioni, operazioni assimilate alle esportazioni e cessioni intracomunitarie) per un importo superiore al 10% del proprio volume d’affari, secondo quanto previsto dall’articolo 20 D.P.R. 633/1972.

Gli esportatori abituali hanno la possibilità di acquistare beni e servizi, o effettuare importazioni in regime di esenzione Iva: questo può avvenire nei limiti dell’ammontare complessivo dei corrispettivi delle operazioni con l’estero effettuate nel periodo di riferimento, ovvero l’anno solare precedente (plafond fisso) oppure nei 12 mesi precedenti (plafond mobile).

Le operazioni che concorrono a formare il plafond
Cessioni all’esportazione di cui all’articolo 8, comma 1 lettere a) e b), D.P.R. 633/1972
Cessioni di beni e prestazione di servizi assimilate alle precedenti di cui all’articolo 8-bis, D.P.R. 633/1972
Servizi internazionali e connessi agli scambi internazionali di cui all’articolo 9, D.P.R. 633/1972
Operazioni con lo Stato della Città del Vaticano e con la Repubblica di San Marino di cui all’articolo 71, comma 1, D.P.R. 633/1972
Operazioni non imponibili in base a trattati e accordi internazionali di cui all’articolo 72, D.P.R. 633/1972
Cessioni di beni intra UE, comprese le operazioni triangolari, di cui all’articolo 41, commi 1 e 2, e all’articolo 58, D.L. 331/1993
Prestazioni extra UE rese dalle agenzie di viaggio di cui all’articolo 74-ter, D.P.R. 633/1972
Cessioni intracomunitarie ed esportazioni di beni prelevati da un deposito Iva, con trasporto o spedizione in altro Stato UE di cui all’articolo 50-bis, comma 4, lettere f) e g), D.L. 331/1993
Esportazioni di beni soggette al regime del margine di cui al D.L. 41/1995 (limitatamente all’importo del margine)

La dichiarazione di intento, che può riguardare una singola operazione o più operazioni (fino a un importo determinato) attesta la volontà del contribuente (esportatore abituale) di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti e/o importazioni senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), D.P.R. 633/1972. Anche per le importazioni, è possibile avvalersi di una sola dichiarazione di intento per più acquisti fino a concorrenza di un determinato importo nel corso del medesimo anno solare (nota Agenzia delle dogane n. 69283/2019).

Il modello DI è stato approvato dal provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 96911/2020 ed è composto dal frontespizio e dal quadro A. Il dichiarante indica se intende avvalersi della facoltà di effettuare acquisti e/o importazioni (il campo Dogana va barrato solo nel caso di importazioni). Nella sezione dichiarazione del frontespizio (campo 2) va indicato l’ammontare fino a concorrenza del quale si intende utilizzare la facoltà di effettuare acquisti senza applicazione dell’Iva nei confronti dell’operatore economico al quale è presentata la dichiarazione.

Nel quadro A plafond il contribuente indica la natura del plafond (fisso o mobile). Se alla data di presentazione della dichiarazione di intento la dichiarazione Iva è già stata presentata, va barrata la casella 1 e non è necessario indicare quali operazioni concorrono alla formazione del plafond. Se la dichiarazione annuale Iva non è ancora stata presentata, occorre barrare almeno una delle caselle da 2 a 5 indicando quali operazioni hanno concorso alla formazione del plafond.

Il fornitore è tenuto a verificare l’avvenuta trasmissione della dichiarazione di intento all’Agenzia delle entrate prima di effettuare la relativa operazione. Tale verifica può avvenire nel proprio cassetto fiscale ovvero tramite la funzione di verifica messa a disposizione al link https://telematici.agenziaentrate.gov.it/VerIntent/VerificaIntent.do?evento=carica.

La possibilità di non avvalersi della dichiarazione di intento già presentata

L’Agenzia delle entrate ha chiarito che se l’esportatore intende rettificare in diminuzione l’ammontare del plafond già comunicato o intende revocare la lettera di intento già spedita, non sono previste particolari formalità, in quanto il beneficio di effettuare gli acquisti senza l’applicazione dell’imposta rappresenta una facoltà e non un obbligo.

Le operazioni per le quali è possibile avvalersi della facoltà di effettuare acquisti e importazioni in sospensione dell’imposta utilizzando il plafond disponibile possono subire variazioni in aumento o in diminuzione:

le variazioni in aumento del plafond devono obbligatoriamente essere precedute dalla presentazione telematica all’Agenzia delle entrate, successivamente comunicata al fornitore, di una nuova dichiarazione di intento;

le variazioni in diminuzione del plafond già comunicato, invece, non necessitano di formalità obbligatorie. Se il cliente comunica al fornitore di non volersi più avvalere della facoltà di acquistare beni e servizi senza applicazione dell’imposta, il fornitore può emettere fatture con addebito di Iva.

La volontà di non volersi avvalere della facoltà di sospendere l’imposta può essere comunicata al fornitore anche solo per alcuni acquisti, senza revocare del tutto la dichiarazione di intento presentata. Il consenso del cliente può essere acquisito con varie modalità, anche verbalmente, prima dell’emissione della fattura del fornitore o, per ipotesi, anche in un momento successivo. Il comportamento che si sostanzia nel pagamento della fattura al lordo dell’Iva addebitata e nell’esercizio del diritto alla detrazione della stessa da parte del cliente manifesta l’espressione di una volontà concludente.

Verificandosi tali situazioni, pertanto, in presenza di lettere di intento presentate all’Agenzia delle entrate e di plafond capienti, il fornitore non ha l’obbligo di emettere fattura in regime di non imponibilità Iva se il cliente manifesta l’intenzione di non avvalersi del regime di sospensione di imposta per acquisti specifici (la lettera di intento mantiene comunque intatta la propria validità).

Controlli e aspetti sanzionatori

Il Legislatore ha previsto, nell’ambito delle misure fiscali, il rafforzamento del dispositivo di contrasto alle frodi realizzato con utilizzo di falso plafond Iva. L’Agenzia delle entrate ha individuato le modalità operative relative all’individuazione dei criteri di analisi del rischio e di controllo, delle procedure di invalidazione delle lettere d’intento trasmesse e di inibizione al rilascio di nuove lettere d’intento tramite i canali telematici dell’Agenzia delle entrate.

In particolare, sono state previste 2 macro aree di intervento:

-l’effettuazione di specifiche analisi di rischio e conseguenti attività di controllo sostanziale finalizzate all’inibizione al rilascio ed all’invalidazione di lettere d’intento illegittime da parte di falsi esportatori abituali;

-l’inibizione dell’emissione della fattura elettronica recante il titolo di non imponibilità ai fini Iva ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), D.P.R. 633/1972 nel caso in cui questa riporti un numero di protocollo relativo a una lettera d’intento invalidata.

Il fornitore è tenuto a verificare l’avvenuta trasmissione della dichiarazione di intento all’Agenzia delle Entrate prima di effettuare la cessione di beni o la prestazione di servizi in regime di non imponibilità Iva.

Oltre al versamento dell’imposta originariamente non applicata, sono previste sanzioni dal 100% al 200% dell’imposta per il fornitore che abbia eseguito la vendita al proprio cliente esportatore abituale in assenza di regolare dichiarazione di intento. È fatto salvo il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso.

RECUPERO SUPER ACE E GESTIONE ACE 2023

La decisione da parte delle società di capitali di deliberare la distribuzione di riserve entro il prossimo 31 dicembre 2023 deve tener conto di due variabili di natura fiscale: il recupero della super Ace fruita nel periodo d’imposta 2021 e l’impatto sul calcolo dell’Ace nel periodo d’imposta 2023.

Il recupero della super Ace

Per il periodo d’imposta 2021, le imprese hanno potuto beneficiare della c.d. “super Ace” in relazione agli incrementi patrimoniali realizzati nel predetto periodo d’imposta rispetto al patrimonio netto esistente alla fine del 2020. Per tali incrementi (al netto di eventuali decrementi) si applicava il rendimento nozionale del 15%, con un limite di 5 milioni di euro di incrementi agevolabili. A differenza dell’Ace ordinaria, era previsto che il beneficio della super Ace, in alternativa alla deduzione dal reddito, potesse essere fruito sotto forma di credito d’imposta, previa comunicazione da inviare all’Agenzia delle entrate.

Tuttavia, allo scopo di rendere “permanente” l’incremento patrimoniale realizzato nel 2021 che ha beneficiato della super Ace, il Legislatore ha introdotto un meccanismo di recupero qualora nei periodi d’imposta 2022 e 2023 si verifichino dei decrementi patrimoniali riferiti a distribuzioni di riserve. In tal caso, infatti, deve essere restituito (in tutto o in parte) il beneficio fruito nel periodo d’imposta 2021. Si deve sottolineare che i decrementi patrimoniali verificatesi nel 2022 e nel 2023 devono essere assunti al netto degli incrementi patrimoniali avvenuti nei medesimi periodi.

L’Ace per il 2023

L’articolo 5 dello schema di decreto attuativo delle disposizioni in materia di Riforma fiscale (di cui alla L. 111/2023) prevede l’abrogazione dell’Ace a partire dal periodo d’imposta 2024. Non saranno pertanto più rilevanti gli incrementi patrimoniali che si formeranno a partire dal periodo d’imposta 2024.

Per quanto riguarda il periodo d’imposta 2023, l’Ace si applicherà nel modello Redditi 2024 in misura pari all’1,3% degli incrementi patrimoniali realizzati nei periodi d’imposta dal 2011 al 2023, al netto dei decrementi realizzatesi negli stessi periodi. Per gli incrementi patrimoniali, si ricorda che mentre l’utile rileva per l’intero importo accantonato (quello dell’esercizio 2022 accantonamento nel 2023 per le società di capitali e l’utile 2023 per le società di persone), i versamenti dei soci eseguiti nel corso del 2023 devono essere ragguagliati a giorni che intercorrono tra la data del versamento e la chiusura del periodo d’imposta. Ciò significa che eventuali versamenti operati dai soci in quest’ultimo periodo del 2023 avranno un impatto poco incisivo nella misura dell’agevolazione. Assumono rilevanza quali incrementi anche le rinunce dei soci formalizzate nel corso del 2023 di precedenti finanziamenti (documentate possibilmente a mezzo pec), tenendo anche che anche per tali rinunce deve essere eseguito il ragguaglio dei giorni restanti tra la data della rinuncia e la chiusura del periodo d’imposta

Al contrario, eventuali riduzioni di patrimonio netto derivanti da distribuzioni di riserve o di capitale sociale ai soci avvenute nel corso del 2023 riducono per l’intero importo l’agevolazione a prescindere dalla data in cui è avvenuta la distribuzione. È bene osservare che l’articolo 5 dello schema di Decreto prevede che eventuali eccedenze Ace non utilizzate e residue al termine del periodo d’imposta 2023, e che non siano state convertite in credito Irap, non verranno perse e potranno essere portate a riduzione dell’imponibile degli anni successivi senza limiti di tempo e fino al loro completo assorbimento.

Aspetti operativi

Il recupero della super Ace e l’abrogazione dell’Ace a partire dal 2024 dovrebbero costituire dei deterrenti per eventuali delibere di distribuzione di riserve da adottare entro la fine del 2023, per le quali è opportuno valutare il rinvio all’esercizio successivo, a partire dal quale non sarà più applicabile né l’agevolazione né il recupero della super Ace 2021, con conseguente irrilevanza dei decrementi patrimoniali.

NUOVA IMU: I CHIARIMENTI DELLA RISOLUZIONE N. 4/DF/2023

Il 16 novembre scorso il Mef ha pubblicato la risoluzione n. 4/DF/2023 con la quale sono stati offerti importanti chiarimenti in merito alla tassazione dei fabbricati collabenti, all’individuazione dei fabbricati rurali e all’esenzione sui terreni per in caso di coltivazione condivisa.

Si tratta di chiarimenti da tenere in debita considerazione in sede di calcolo dell’imposta 2023, in occasione del saldo in scadenza il prossimo 18 dicembre.

I fabbricati collabenti

Un fabbricato collabente è un immobile che, nello stato in cui si trova, a causa dell’accentuato livello di degrado, non è in grado di produrre reddito; in particolare, in detta categoria ricadono unità immobiliari fatiscenti, ruderi, unità immobiliari demolite parzialmente, con il tetto crollato, etc..

Detti immobili possono infatti essere iscritti in Catasto ai soli fini della identificazione, nella categoria F/2, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso. Tra le unità di scarsa rilevanza cartografica o censuaria ricadono le costruzioni non abitabili o agibili e comunque di fatto non utilizzabili, a causa di dissesti statici, di fatiscenza o inesistenza di elementi strutturali e impiantistici, ovvero delle principali finiture ordinariamente presenti nella categoria catastale cui l’immobile è censito o censibile, e in tutti i casi nei quali la concreta utilizzabilità non è conseguibile con soli interventi edilizi di manutenzione ordinaria o straordinaria.

Il trattamento fiscale è stato inquadrato dalla Cassazione con diversi interventi: secondo i giudici della Suprema Corte, tali immobili vanno infatti considerati fabbricati (e quindi non aree fabbricabili), ma privi di rendita. Ciò comporta che essi risultano di fatto esentati dal prelievo del tributo comunale. Il fabbricato collabente iscritto in conforme categoria catastale F/2 si sottrae a imposizione in quanto manca la base imponibile visto che non è presente la rendita catastale: “la mancata imposizione si giustifica, nella specie, non già per assenza di “presupposto” … ma per assenza di “base imponibile” (valore economico pari a zero)”.

Sul punto, si innesta l’attuale definizione di fabbricato: il comma 741, articolo 1, L. 160/2019 precisa che: “per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale”, rendendo dubbio il fatto che la precedente interpretazione su tali fabbricati possa ancora considerarsi valida.

Nella risoluzione n. 4/DF/23 si afferma che i fabbricati collabenti sono a tutti gli effetti “Fabbricati” e la circostanza che siano “privi di rendita” li porta ad essere esclusi dal novero dei fabbricati imponibili ai fini Imu, che sono esclusivamente quelli “con attribuzione di rendita”; i fabbricati collabenti sono e restano “Fabbricati”.

Per tale motivo, detti immobili non possono essere qualificati diversamente, quindi non possono essere qualificati come “terreni edificabili”, a meno che il fabbricato collabente non venga demolito, nel qual caso l’Imu sarà pagata sul valore del terreno libero dal fabbricato.

I fabbricati rurali

Ai fini Imu è prevista una tassazione agevolata a favore dei fabbricati rurali strumentali, ossia quelli impiegati nell’attività agricola (stalle, depositi attrezzi, etc.): per tali immobili il prelievo massimo è pari allo 0,1%.

Il comma 3-bis dell’articolo 9, D.L. 557/1993, con riferimento ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola, non subordina il riconoscimento del carattere di ruralità al ricorrere di requisiti soggettivi: in altre parole, ciò che conta è l’impiego dell’immobile, indipendentemente da chi ne sia il possessore.

Tale posizione è confermata dalla risoluzione n. 4/DF/23, dove si afferma l’illiceità dell’introduzione di ulteriori requisiti soggettivi da parte dei Comuni al fine della fruizione della predetta agevolazione (in particolare, il comune non può stabilire con proprio regolamento che l’agevolazione sia subordinata al fatto che il possessore sia un coltivatore diretto). La sussistenza di detto carattere di ruralità è attestata, in particolare, dal classamento nella categoria catastale D/10 o dall’apposizione della relativa specifica annotazione.

Coltivazione congiunta

Per i terreni agricoli è prevista l’esenzione Imu, tra le altre, a favore dei coltivatori diretti o IAP che coltivano il terreno che possiedono.

Negli ultimi anni si stanno diffondendo sempre di più forme di conduzione dei terreni da parte degli imprenditori agricoli per rispondere alla crescente richiesta qualitativa e quantitativa di prodotti agricoli; le forme contrattuali più utilizzate di conduzione associata sono:

il contratto di rete agricolo (articolo 3, comma 4-ter, D.L. 5/2009 e articolo 1-bis, comma 3, D.L. 91/2014); e

il contratto di compartecipazione agraria per le coltivazioni stagionali (articolo 56, L. 203/1982).

In entrambe le suddette fattispecie l’imprenditore agricolo coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, possessore dei terreni, conduce per un determinato numero di anni (contratto di rete) o per alcuni mesi all’anno (contratto di compartecipazione agraria) i propri terreni, solitamente, con un altro imprenditore agricolo.

Nella risoluzione n. 4/DF/23 si afferma che il contratto di rete e il contratto di compartecipazione agraria concretizzano, proprio in ragione della struttura e della finalità che il Legislatore ha voluto riconoscere agli stessi, forme di conduzione associata dei terreni agricoli, che, per la loro stessa natura, comportano una gestione condivisa dei terreni in argomento, pena lo snaturamento del contratto stesso.

Per cui, secondo il Ministero, se vengono rispettati tutti i requisiti che caratterizzano tali contratti di tipo associativo, non può ritenersi che venga meno il requisito oggettivo della conduzione che legittima l’applicazione del regime di favore.

WHISTLEBLOWING: ATTIVAZIONE DEL CANALE INTERNO DI SEGNALAZIONE ENTRO IL17 DICEMBRE 2023

Con il D.Lgs. 24/2023 è stata recepita la Direttiva 1937/2019 riguardante la protezione delle persone fisiche che segnalano violazioni del diritto dell’Unione Europea (“Whistleblowing”) commesse all’interno di una azienda/organizzazione.

Il Decreto di recepimento e la Direttiva UE regolamentano sia al settore pubblico che quello privato e le misure di protezione, ivi previste, sono, pertanto, rivolte sia ai dipendenti privati che pubblici.

I soggetti che rientrano nell’ambito di protezione della norma sono individuati nel modo più estensivo possibile.

Non sono solo i dipendenti, ma anche coloro che hanno cessato il loro rapporto di lavoro ovvero anche coloro che lo devono ancora iniziare (in fase di assunzione) e che, comunque, vengono a conoscenza di una violazione rilevante ai fini del “whistleblowing”.

Sono, inoltre, compresi anche i lavoratori autonomi, i collaboratori esterni, i liberi professionisti e i consulenti, i volontari e i tirocinanti, indipendentemente dalla loro retribuzione o meno, fino ad arrivare agli azionisti e alle persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.

L’ambito di operatività della normativa prevede alcuni specifici settori come rilevanti, in ambito comunitario, quali appalti pubblici, servizi finanziari, sicurezza dei prodotti e dei trasporti, ambiente, alimenti, salute pubblica, privacy, sicurezza della rete e dei sistemi informatici e concorrenza.

Nel diritto interno vi è l’estensione alle violazioni del diritto nazionale quali gli ulteriori illeciti amministrativi, contabili, civili o penali non rientranti nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione Europea, nonché alle condotte illecite rilevanti ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

I soggetti che devono istituire il canale di segnalazione interna

I soggetti che devono istituire il canale di segnalazione interna entro il 17 dicembre 2023 sono enti/organizzazioni/società, appartenenti indistintamente al settore pubblico o a quello privato, che hanno avuto una media di lavoratori dipendenti (a tempo indeterminato e/o determinato) nell’anno solare precedente (2022) pari o superiore a 50 fino a un massimo di 249.

Nel caso di soggetti costituiti nel corso del 2023 la media deve essere calcolata per l’anno in corso.

Per i soggetti con una media di lavoratori pari o superiore a 250 dipendenti l’obbligo di adozione del canale di segnalazione interna è scattato dal 15 luglio 2023.

Caratteristiche del canale di segnalazione interna

I canali di segnalazione interna da istituirsi da parte dei soggetti del settore pubblico e del settore privato devono garantire, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia:

-la riservatezza dell’identità della persona segnalante e della persona coinvolta;

-il contenuto della segnalazione;

-la documentazione.

Le segnalazioni possono essere fatte sia in forma scritta (anche con modalità informatiche) che orale.

L’utilizzo di piattaforme informatiche è la modalità consigliata (linee guida Anac) considerato che le stesse possono agevolmente soddisfare il prescritto ricorso a strumenti di crittografia.

Le caratteristiche che tali canali di segnalazione interna devono avere sono:

1. facilità di accesso;

2. intellegibilità (lingua comprensibile da chi deve utilizzare il canale di segnalazione);

3. illustrazione dettagliata del processo di gestione della segnalazione ed individuazione dei soggetti incaricati;

4. garanzia della trattazione riservata delle segnalazioni.

Adempimenti formali per l’adozione del canale di segnalazione

Per l’adozione del canale di segnalazione interna devono essere rispettati alcuni adempimenti formali:

-comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali prima della sua formale adozione;

-adozione di una delibera di approvazione dell’atto organizzativo da parte dell’organo di indirizzo che definisca le procedure (ruolo e i compiti dei diversi soggetti coinvolti) per il ricevimento e la gestione delle segnalazioni.

I gestori e la gestione del canale di segnalazione interna

La gestione del canale interno di segnalazione può essere affidata a:

1. una persona interna specificamente formata;

2. un ufficio interno autonomo dedicato e con personale specificamente formato;

3. un soggetto esterno autonomo e con personale specificamente formato.

Il gestore incaricato dovrà poi svolgere le seguenti attività:

a) rilasciare un avviso di ricevimento della segnalazione entro 7 giorni dalla data di ricezione della segnalazione;

b) interloquire con la persona segnalante ed ove ritenuto necessario richiedere delle integrazioni;

c) dare diligente seguito alla segnalazione;

d) fornire riscontro alla segnalazione entro 3 mesi dalla data dell’avviso di ricevimento;

e) mettere a disposizione dei soggetti interessati (segnalanti) informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni esterne.

Le informazioni di cui appena sopra devono essere rese facilmente visibili, nei luoghi di lavoro, nonché accessibili alle persone che pur non frequentando i luoghi di lavoro intrattengono rapporti (commerciali, di fornitura di beni e /o servizi) con l’ente obbligato alla istituzione del canale di segnalazione interna.

La presenza di un sito internet del soggetto obbligato impone a quest’ultimo la pubblicazione delle informazioni, meglio se in una sezione dedicata dello stesso. Si ritiene che il sito internet sia il modo migliore per rendere accessibili le informazioni a tutti i soggetti interessati.

Il canale di segnalazione interna è obbligatorio.

La possibilità di utilizzo del canale di segnalazione esterna da parte della persona segnalante è condizionata al ricorrere di una delle seguenti fattispecie:

non è prevista l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna;

è già stata effettuata una segnalazione che non ha avuto seguito;

si ritiene che la segnalazione interna non abbia efficace seguito anche se effettuata o che possa determinare un rischio di ritorsione;

fondato motivo di pericolo imminente per il pubblico interessa.

Privacy e whistleblowing

Le prescrizioni privacy relative alla gestione dei canali di segnalazione si possono sintetizzare in senso generale nel rispetto di tutto quanto previsto dalla normativa di riferimento (G.D.P.R. 679/2016, D.Lgs. 196/2003 e D.Lgs. 51/2018).

In sintesi, alcuni degli aspetti privacy relativi all’adozione dei canali di segnalazione:

raccolta dei dati al solo fine di gestire e dare seguito alle segnalazioni, divulgazioni pubbliche o denunce (i dati manifestamente non utili non devono essere raccolti);

conservazione dei dati per il tempo necessario al trattamento della specifica segnalazione. Non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione;

trattamento dei dati personali in modo da garantirne la sicurezza, compresa la loro protezione, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, distruzione e dal danno accidentale;

effettuazione della valutazione d’impatto sulla protezione dei dati;

aggiornamento del Registro delle attività di trattamento.

Le sanzioni in caso di mancata istituzione del canale di segnalazione

La mancata istituzione del canale di segnalazione interna ovvero l’istituzione del canale di segnalazione interna non conforme a quanto previsto dal Decreto comporta l’irrogazione da parte di Anac della sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

Il soggetto responsabile al quale viene applicata tale sanzione è l’organo di indirizzo sia negli enti del settore pubblico che in quello privato.

DAL 2024 OBBLIGO FE GENERALIZZATO PER FORFETTARI E REGIME 398 MA RIMANE IL DIVIETO PER LE PRESTAZIONI SANITARIE

A partire dal prossimo 1° gennaio 2024 l’obbligo di fatturazione elettronica riguarderà, in via generalizza e a prescindere dal volume di ricavi conseguito nell’anno precedente, anche i seguenti soggetti:

contribuenti “minimi”;

contribuenti in regime forfettario;

soggetti (per lo più realtà sportive dilettantistiche) che hanno optato per il regime forfettario di cui alla L. 398/1991.

Si ricorderà, infatti, che per effetto della disposizione contenuta nel comma 2 del recente articolo 18, D.L. 36/2022 (il cosiddetto “Decreto PNRR2” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 2022) erano state abrogate le specifiche previsioni contenute nel comma 3 articolo 1, D.Lgs. 127/2015 al fine di eliminare le ipotesi di esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica previste per i citati soggetti; il successivo comma 3 del citato articolo aveva introdotto disposizioni tese a graduare l’entrata in vigore a partire dal 1° luglio 2022 per coloro che nell’anno precedente avevano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a 25.000 euro.

 A partire dal 1° gennaio 2024, quindi, l’obbligo di emettere fattura elettronica entro l’ordinario termine dei 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione riguarderà tutti i citati soggetti a prescindere dal volume di ricavi conseguito nell’anno precedente e non potendo più, in nessun caso, emettere fattura in modalità cartacea.

Prorogato a tutto il 2024 il divieto di fatturazione elettronica delle spese sanitarie

Per effetto della previsione contenuta nel recente D.L. 132/2023 convertito in legge (c.d. Decreto Proroghe), viene nuovamente modificato l’articolo 10-bis, D.L. 119/2018, convertito dalla L. 136/2018, al fine di estendere a tutto il 2024 il divieto di emissione di fattura elettronica per le prestazioni sanitarie rese dai soggetti tenuti all’invio dei dati al sistema TS ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.

approfondimenti

ASPETTI FISCALI E CONTABILI DEGLI OMAGGI NATALIZI

Come ogni anno, al termine dell’esercizio e in concomitanza con l’arrivo del Natale, le aziende provvedono a omaggiare i propri clienti, fornitori, dipendenti e terzi di un dono e/o di una cena natalizia.

La scelta tra le diverse tipologie di omaggio può essere dettata da svariati fattori, tuttavia, dal punto di vista fiscale occorre tener conto dei limiti di deducibilità dei costi e della relativa detraibilità dell’Iva, ed è pertanto necessario identificare:

-le caratteristiche del soggetto ricevente.

-la tipologia dei beni oggetto dell’omaggio;

In merito al primo discrimine occorre difatti distinguere, tra dipendenti, clienti, consulenti, agenti e rappresentanti o altri soggetti terzi rispetto all’impresa.

Relativamente ai beni, invece, occorre differenziare tra i beni acquisiti appositamente per essere omaggiati e gli omaggi costituiti da beni oggetto dell’attività di impresa.

Vediamo pertanto quale trattamento risulta applicabile alle diverse situazioni che si ottengono incrociando le 2 variabili sopra evidenziate.

Destinatario dell’omaggioÆDipendente
  
ÆTerzo
   
Tipologia del beneÆBeni prodotti o commercializzati dall’impresa
  
ÆBeni acquistati per la donazione

Omaggi a soggetti terzi di beni che non rientrano nell’attività d’impresa

I costi sostenuti per l’acquisto di beni ceduti gratuitamente a terzi la cui produzione o il cui scambio non rientra nell’attività propria dell’impresa sono:

integralmente deducibili dal reddito di impresa nel periodo di sostenimento, se di valore unitario non superiore a 50 euro;

qualificati come spese di rappresentanza.

Valore unitario inferiore o uguale a 50 eurointegralmente deducibili
Valore unitario superiore a 50 eurola spesa rientra tra quelle di rappresentanza

In merito alle spese di rappresentanza occorre ricordare che il testo dell’articolo 108, comma 2, Tuirlega la deducibilità delle spese di rappresentanza sostenute nel periodo di imposta ai requisiti di inerenza, come stabiliti con decreto del Mef (tenuto conto anche della natura e della destinazione delle stesse), e di congruità.

L’inerenza si intende soddisfatta qualora le spese siano:

-sostenute con finalità promozionali e di pubbliche relazioni;

-ragionevoli in funzione dell’obiettivo di generare benefici economici;

-coerenti con gli usi e le pratiche commerciali del settore.

Quanto alla congruità essa andrà determinata rapportando:

il totale delle spese imputate per competenza nell’esercizio;

con i ricavi e proventi della gestione caratteristica del periodo di imposta in cui sono sostenute (come risultanti da dichiarazione).

Le soglie contenute nel testo dell’articolo 108, Tuir sono le seguenti:

1. 1,5% dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro;

2. 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 10 milioni di euro e fino a 50 milioni;

3. 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 50 milioni di euro.

Superato il limite di deducibilità così stabilito, la restante parte delle spese è da intendersi indeducibile con necessità di operare apposita variazione in aumento in dichiarazione dei redditi.

Percentuali di deducibilità
Fino a 10 milioni di euro1,5%
Oltre i 10 milioni e fino a 50 milioni di euro0,6%
Oltre 50 milioni di euro0,4%

In merito all’Iva il D.P.R. 633/1972 afferma che non è ammessa la detrazione dell’Iva relativa alle spese di rappresentanza, tranne quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 50 euro.

Da cui:

Spese di rappresentanza di importo non superiore a 50 eurodetraibilità del 100%
Spese di rappresentanza superiori a 50 euroindetraibilità del 100%

Omaggi a soggetti terzi di beni che rientrano nell’attività d’impresa

In taluni casi, a essere destinati a omaggio sono i beni che costituiscono il “prodotto” dell’azienda erogante o i beni che l’azienda commercializza. La precisa individuazione della documentazione relativa al bene omaggiato è tutt’altro che agevole e, quasi sempre, la successiva destinazione a omaggio del bene richiede una rettifica delle scelte (in termini di classificazione contabile) originariamente operate:

dal punto di vista reddituale, tali beni acquistati o prodotti per la commercializzazione e successivamente destinati a omaggio costituiscono spesa di rappresentanza, con la conseguenza che andrà cambiata la classificazione contabile degli stessi e andranno rispettate le regole già esposte per la deduzione dei costi (le medesime previste nel caso di omaggio di beni che non rientrano nell’attività di impresa);

dal punto di vista Iva, la cessione gratuita deve essere assoggettata a imposta (tramite fattura al cliente, con o senza rivalsa; solitamente si preferisce l’utilizzo dell’autofattura o del registro omaggi) sulla base del prezzo di acquisto o, in mancanza, del prezzo di costo dei beni, determinato nel momento in cui si effettua la cessione gratuita.

Omaggi a dipendenti di beni da parte dell’impresa

Nel caso in cui i destinatari degli omaggi siano i dipendenti dell’impresa, il costo di acquisto di tali beni va classificato nella voce “spese per prestazioni di lavoro dipendente” e non nelle spese di rappresentanza; pertanto, tali costi saranno interamente deducibili dalla base imponibile al fine delle imposte dirette, a prescindere dal fatto che il bene sia o meno oggetto di produzione e/o commercio da parte dell’impresa.

Ai fini Iva, invece, nel caso di cessione gratuita a dipendenti di beni che non rientrano nell’attività propria dell’impresa, l’imposta per tali beni è indetraibile e la loro cessione gratuita è esclusa dal campo di applicazione dell’Iva.

L’acquisto e la successiva cessione gratuita di beni la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa segue il medesimo trattamento già commentato relativamente agli omaggi effettuati nei confronti di soggetti terzi (clienti, fornitori, etc.).

 Si ricorda che le erogazioni liberali in natura (sotto forma di beni o servizi o di buoni rappresentativi degli stessi) concesse ai singoli dipendenti costituiscono reddito di lavoro dipendente per questi ultimi se di importo superiore a 258,23 euro nello stesso periodo d’imposta (se di importo complessivo inferiore a 258,23 euro sono esenti da tassazione). Pertanto, il superamento per il singolo dipendente della franchigia di 258,23 euro comporterà la ripresa a tassazione di tutti i benefits (compresi gli omaggi) erogati da parte del datore di lavoro. Si osserva che la predetta soglia, per l’anno 2023, è stata innalzata a 3.000 euro dal recente Decreto Lavoro (D.L. 48/2023, convertito in L. 85/2023) che al fine di incentivare il potere di acquisto e di ridurre il cuneo fiscale ha innalzato, per i soli lavoratori con figli a carico, il limite di esenzione per i fringe benefit da 258,23 a 3.000 euro (si veda anche la circolare n. 23/E/2023).

Omaggi erogati dagli esercenti arti e professioni

I professionisti e gli studi associati che acquistano beni per cederli a titolo di omaggio devono distinguere il trattamento fiscale in relazione al fatto che gli stessi vengano donati a clienti o a dipendenti. Nell’ambito del reddito di natura professionale, il trattamento degli omaggi risulta certamente più semplice, in quanto ci si trova sempre e comunque nella categoria di beni che non fanno parte dell’attività propria dell’impresa.

Omaggi a clienti/fornitoriOmaggi a dipendenti
Il costo sostenuto all’atto dell’acquisto costituisce spesa di rappresentanza, indipendentemente dal valore unitario del bene, e la sua deducibilità è integrale fino al limite dell’1% dei compensi percepiti nel periodo di imposta (oltre tale limite l’importo degli acquisti per omaggi non risulta più deducibile). Gli omaggi di beni acquisiti appositamente a tal fine di valore imponibile inferiore a 50 euro scontano la piena detrazione dell’imposta, mentre quelli di valore superiore a 50 euro sono caratterizzati dalla totale indetraibilità dell’Iva.Il costo di acquisto degli omaggi va classificato nella voce “spese per prestazioni di lavoro dipendente” e non nelle spese per omaggi; pertanto, tali costi sono interamente deducibili dalla base imponibile al fine delle imposte dirette. L’Iva è indetraibile.

Aspetti contabili

Contabilmente la spesa di rappresentanza che rispetti i requisiti per la detrazione Iva (valore unitario dell’imponibile del singolo bene acquistato non superiore a 50 euro e iva applicata con aliquota del 10%) verrà registrata come segue:

DiversiaBanca c/c 1.100
Spese di rappresentanza  1.000 
Erario c/Iva  100 

Diversamente se la spesa non soddisfa il requisito di detraibilità ai fini Iva (valore unitario dell’imponibile del singolo bene acquistato superiore a 50 euro) avremo:

Spese di rappresentanzaaBanca c/c1.100

Dove la voce delle spese di rappresentanza comprenderà al suo interno anche la quota di Iva indetraibile (ipotizzata in questo caso pari al 100%).

Quanto agli omaggi soffermiamoci su quelli destinati alla clientela.

Se l’azienda compra un bene destinato a omaggio all’atto dell’acquisto, unitamente all’uscita finanziaria di cassa o banca, rileverà la voce di Conto economico accesa agli omaggi facendo sempre attenzione alla detraibilità dell’Iva.

Se invece il bene omaggiato formasse oggetto della produzione propria si dovrà innanzi tutto rilevare la cessione dell’omaggio che può avvenire con emissione di fattura per singola operazione (ovvero mediante emissione di autofattura).

Nel primo caso le scritture contabili saranno le seguenti, al momento dell’emissione della fattura:

Clientia Diversi 1.220
 a Ricavi per omaggi1.000 
   Erario c/Iva220 

Quindi occorrerà distinguere a seconda che il cedente applichi o meno la rivalsa dell’Iva, in tal caso in fattura occorrerà scrivere alternativamente:

…con obbligo di rivalsa ai sensi dell’articolo 18, D.P.R. 633/1972;

…senza obbligo di rivalsa ai sensi dell’articolo 18, D.P.R. 633/1972.

Nel primo caso, con rivalsa, la scrittura contabile sarà la seguente, con il credito verso il cliente che rimarrà aperto per l’importo dell’Iva e dovrà essere successivamente incassato:

DiversiRicavi per omaggiCassaaClienti 1.0002201.220

Nel secondo caso, senza rivalsa, la scrittura contabile sarà:

Diversi aClienti 1.220
Ricavi per omaggi   1.000 
Imposte indeducibili   220 

SCADENZIARIO

PRINCIPALI SCADENZE DAL 16 DICEMBRE AL 15 GENNAIO 2024

Di seguito evidenziamo i principali adempimenti dal 16 dicembre al 15 gennaio 2024, con il commento dei termini di prossima scadenza.

Si segnala che le scadenze riportate tengono conto del rinvio al giorno lavorativo seguente per gli adempimenti che cadono al sabato o giorno festivo, così come stabilito dall’articolo 7, D.L. 70/2011.

lunedì 18 dicembre

Imu

Scade oggi il termine per effettuare il versamento del saldo Imu 2023 per i soggetti proprietari o titolari di diritti reali di godimento di terreni agricoli, aree edificabili e fabbricati.

Versamenti Iva mensili

Scade oggi il termine di versamento dell’Iva a debito eventualmente dovuta per il mese di novembre. I contribuenti Iva mensili che hanno affidato a terzi la contabilità (articolo 1, comma 3, D.P.R. 100/1998) versano oggi l’Iva dovuta per il secondo mese precedente.

Versamento dei contributi Inps

Scade oggi il termine per il versamento dei contributi Inps dovuti dai datori di lavoro, del contributo alla gestione separata Inps, con riferimento al mese di novembre, relativamente ai redditi di lavoro dipendente, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ai compensi occasionali, e ai rapporti di associazione in partecipazione.

Versamento delle ritenute alla fonte

Entro oggi i sostituti d’imposta devono provvedere al versamento delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente:

sui redditi di lavoro dipendente unitamente al versamento delle addizionali all’Irpef;

sui redditi di lavoro assimilati al lavoro dipendente;

sui redditi di lavoro autonomo;

sulle provvigioni;

sui redditi di capitale;

sui redditi diversi;

sulle indennità di cessazione del rapporto di agenzia.

Versamento ritenute da parte condomini

Scade oggi il versamento delle ritenute operate dai condomini sui corrispettivi corrisposti nel mese precedente riferiti a prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio di imprese per contratti di appalto, opere e servizi.

Accise – Versamento imposta

Scade il termine per il pagamento dell’accisa sui prodotti energetici a essa soggetti, immessi in consumo nel mese precedente.

Imposta sostitutiva sulla rivalutazione Tfr

Scade oggi il termine per il versamento dell’acconto dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del Tfr, maturata nel 2023.

mercoledì 27 dicembre

Acconto Iva

Scade oggi il termine per effettuare il versamento dell’acconto Iva 2023 da parte dei contribuenti mensili e trimestrali.

Presentazione elenchi Intrastat mensili

Scade oggi, per i soggetti tenuti a questo obbligo con cadenza mensile, il termine per presentare in via telematica l’elenco riepilogativo degli acquisti e delle vendite intracomunitarie effettuate nel mese precedente.

domenica 31 dicembre

Riduzione ritenuta di acconto agenti

Scade oggi il termine per la presentazione ai committenti, preponenti o mandanti, della dichiarazione contenente i dati identificativi dei percipienti nonché l’attestazione di avvalersi in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, ai fini dell’applicazione della ritenuta di acconto nella misura ridotta del 4,60%.

martedì 2 gennaio

Presentazione elenchi Intra 12 mensili

Ultimo giorno utile per gli enti non commerciali e per gli agricoltori esonerati per l’invio telematico degli elenchi Intra-12 relativi agli acquisti intracomunitari effettuati nel mese di ottobre.

Presentazione del modello Uniemens Individuale

Scade oggi il termine per la presentazione della comunicazione relativa alle retribuzioni e contributi ovvero ai compensi corrisposti rispettivamente ai dipendenti, collaboratori coordinati e continuativi e associati in partecipazione relativi al mese di novembre.

lunedì 15 gennaio

Registrazioni contabili

Ultimo giorno per la registrazione cumulativa nel registro dei corrispettivi di scontrini fiscali e ricevute e per l’annotazione del documento riepilogativo delle fatture di importo inferiore a 300 euro.

Fatturazione differita

Scade oggi il termine per l’emissione e l’annotazione delle fatture differite per le consegne o spedizioni avvenute nel mese precedente.

Registrazioni contabili associazioni sportive dilettantistiche

Scade oggi il termine per le associazioni sportive dilettantistiche per annotare i corrispettivi e i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali nel mese precedente. Le medesime disposizioni si applicano alle associazioni senza scopo di lucro.