Le proteste degli agricoltori all’inizio del 2024 hanno portato a un dibattito a livello europeo sul Green Deal e sulle politiche ambientali. Queste proteste hanno messo in luce le difficoltà che gli agricoltori incontrano nel rispettare le nuove norme per la riduzione delle emissioni di gas serra. Gli agricoltori si sono opposti a diverse misure proposte nel Green Deal, tra cui l’eliminazione dei pesticidi dannosi, l’aumento della rotazione delle colture, l’introduzione di nuove tecnologie, la riduzione delle emissioni e degli sprechi alimentari.

Gli agricoltori hanno chiesto sussidi più equi, la regolamentazione dei costi dei carburanti, la semplificazione della burocrazia, la proroga dell’ammissione sul mercato di carne sintetica e misure per regolare l’installazione di impianti fotovoltaici su terreni produttivi. Hanno anche sollevato preoccupazioni riguardo all’alterazione del mercato a causa dell’afflusso di prodotti a

prezzi stracciati provenienti dall’Ucraina.

In risposta alle proteste, la Commissione Europea ha annunciato un nuovo obiettivo ambizioso che prevede la riduzione del 90% delle emissioni di gas serra entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. Tuttavia, la raccomandazione presenta riferimenti molto generici riguardanti il settore agricolo, il quale contribuisce a circa il 14% di tutte le emissioni nell’Unione Europea.

Questa mancanza di dettagli precisi è dovuta alla volontà della Commissione di evitare tensioni aggiuntive con gli agricoltori. Alcune fazioni politiche conservatrici, vicine alle proteste dei trattori, auspicano di attenuare le politiche ambientaliste dell’Unione Europea dopo le elezioni europee. Resta da vedere l’impatto complessivo di tali modifiche sull’attuazione del Green Deal europeo.

Le decisioni future dipenderanno dall’equilibrio tra le esigenze degli agricoltori, le preoccupazioni ambientali e le politiche economiche. In Italia, in risposta alle proteste, il governo ha annunciato alcune misure, come l’eliminazione dell’IRPEF, il sostegno ai redditi più bassi e un fondo per i danni da calamità, nel tentativo di riequilibrare il settore agroalimentare, che rimane sempre cruciale e allo stesso tempo fragile per l’economia comunitaria.