A Gaza la tregua tra Israele e Hamas è in un limbo. L’1 marzo si è conclusa la Fase 1 del patto negoziato a gennaio per porre fine ai combattimenti nella Striscia e aprire alla consegna degli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre 2023. Dopo settimane di provocazioni e scontri, i mediatori sono in Egitto dove le delegazioni del Cairo, degli Usa e del Qatar proveranno a salvare il salvabile. La realtà è che la Fase 2, che potrebbe portare al ritiro israeliano dalla Striscia, non è stata negoziata per niente e che, in fin dei conti, nessuno si è premurato di portare avanti il dialogo, né nel campo israeliano né in seno ad Hamas.
Ora i mediatori provano a salvare il salvabile, con Steve Witkoff, 67enne magnate del real estate nominato a sorpresa da Donald Trump inviato speciale per il Medio Oriente, che ha messo a terra una proposta di estensione della Fase 1 con una “tregua di Dio” finalizzata a sospendere i combattimenti nelle sei settimane che da qui al 19 aprile vedranno in corso Ramadan e Pasqua ebraica per poi ripartire con il programma negoziato a gennaio. Una manovra di compromesso che trova però l’ostilità di Hamas, che pensa di aver di fronte a sé un’Israele decisa a tutto pur di riprendere la guerra. La scelta di Marco Rubio, segretario di Stato Usa, di inviare in autonomia 4 miliardi di dollari di armi a Israele nella giornata di sabato, poco dopo la proposta di compromesso di Witkoff, non sembra aiutare in tal senso. E così Gaza resta in una situazione di “non-pace”. Meglio della truculenta guerra andata in scena per quasi un anno e mezzo. Ma non abbastanza per far tirare un sospiro di sollievo ai civili.