Pochi documenti spiegano bene la guerra commerciale degli Usa quanto un paper pubblicato a novembre, poco dopo la vittoria presidenziale di Trump, dal fondo Hudson Bay Capital. Il documento si intitola “A User’s guide to Restructuring the Global Trading System” e l’autore è Stephen Miran, finanziere ed economista scelto da The Donald come capo dei consiglieri economici dell’amministrazione. Miran nel documento dice molte cose, riassumibili in tre punti. Uno, gli Usa pagano ingiustamente il duplice deficit, quello commerciale e quello delle partite correnti, anche perché con un dollaro sopravvalutato vengono sistematicamente “truffati” dagli altri Paesi; il debito è il padre di tutti i problemi americani; urge svalutare il dollaro e spingere gli investimenti sul Tresuary americano per riequilibrare le due partite.

La diagnosi è in parte corretta, la terapia emergenziale, e quindi incerta. Sul debito Miran non ha torto: negli Usa il meccanismo dei “tetti” graduali all’indebitamento che le amministrazioni devono via via rimuovere sta diventando insostenibile e si prevede in esplosione a 50mila miliardi di dollari la somma delle passività pubbliche da qui al 2034. I dazi sono in quest’ottica una leva negoziale. Sul breve periodo, danno adito a un fondo che Washington può finanziare con le tariffe per tagliare l’indebitamento. Sul lungo l’imposizione di queste misure, nota un report di Gospa Consulting, “potrebbe migliorare il saldo del reddito primario costringendo le nazioni ad acquistare debito pubblico statunitense a tassi inferiori a quelli di mercato, riducendo il costo del servizio del debito estero”. Per l’economista Gabriele Pinosa “questi sforzi mirano a stabilizzare il deterioramento delle partite correnti, ma introducono anche rischi geopolitici, poiché le nazioni colpite potrebbero reagire allontanandosi dai mercati finanziari statunitensi e dal sistema di riserve basato sul dollaro”.

Tutto questo avviene, si è sottolineato su InsideOver, “in un quadro di asimmetria e divisioni politiche che rende difficile l’ipotesi di un accordo internazionale oggi più che mai necessario per ridefinire l’ordine valutario, commerciale, tariffario. Washington va all’attacco con un obiettivo consistente e duplice: abbattere tanto il deficit commerciale quanto quello di bilancio. Sarà dura per Trump ottenere questo obiettivo nel lungo periodo. Sarà costoso per l’economia globale la sua strategia nel complesso se scatenerà un’escalation internazionale”, come in parte sembra già essere successo.