Con il breve incontro del 14 maggio 2025 a Riad, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sdoganato definitivamente agli occhi dell’Occidente l’ex leader ribelle oggi presidente ad interim della Siria, Ahmed al-Sharaa, aprendo a una nuova fase dei rapporti tra Washington e Damasco e all’allentamento delle sanzioni. Strategico e spregiudicato, al-Sharaa, noto anche col nome di battaglia Abu Mohammad al-Jolani, è passato in pochi mesi dall’immagine di leader alla guida di Hay’at Tahrir al-Sham, organizzazione islamista ritenuta terrorista da Usa e Unione Europea, a quella di protagonista della deposizione di Bashar al-Assad tra novembre e dicembre 2024 e, infine, al ruolo di capo di Stato che mira a plasmare una nuova Siria.
Come ha fatto notare il politologo Giuseppe Gagliano su InsideOver, “la decisione di Trump di revocare le sanzioni contro la Siria, accompagnata dall’incoraggiamento a normalizzare i rapporti con Israele, rappresenta un audace cambio di rotta nella politica estera statunitense” dato che “le sanzioni, imposte durante il regime di Assad per isolare Damasco a causa di violazioni dei diritti umani e uso di armi chimiche, hanno strangolato l’economia siriana, impedendo anche l’arrivo di aiuti umanitari.
La loro rimozione apre la porta a investimenti esteri, in particolare dai Paesi del Golfo, e a un maggiore impegno delle organizzazioni umanitarie, cruciali per la ricostruzione di un Paese devastato da 14 anni di guerra civile”. Caduto Assad, l’Occidente non poteva non permettersi di seguire Turchia e Paesi del Golfo nella corsa alla ricostruzione della Siria, nella consapevolezza che la centralità del Paese levantino aumenterà nella corsa alla ricerca di una nuova stabilità. Un calcolo rischioso, quello di sdoganare definitivamente un ex guerrigliero e il suo governo? Certamente, ma ad oggi l’unica opportunità per permettere di accompagnare la Siria verso il ritorno nella comunità internazionale evitando derive “afghane” o un prosieguo della guerra civile nel contesto di un Medio Oriente nel caos. La politica globale impone compromessi. E questo è uno dei casi.