Dopo le elezioni in Romania, che hanno visto la vittoria dell’europeista Nicosur Dan contro il candidato sovranista George Simion, altri due eventi hanno segnato il passo del Vecchio Continente partendo proprio dalla sua area orientale, ormai sempre meno periferica e sempre più centrale negli equilibri continentali. L’1 giugno scorso la Polonia ha votato per il ballottaggio presidenziale che ha visto la vittoria del candidato nazionalista e conservatore Karol Nawrocki, esponente di Diritto e Giustizia (PiS), la formazione di destra che ha governato il Paese dal 2015 al 2023. Nawrocki si presenta come contraltare del premier liberale Donald Tusk e promuove una visione del diritto interno apertamente conservatore e un euroscetticismo volto a difendere davanti a Bruxelles quelle riforme che PiS ha promosso negli otto anni di governo e sono costati a Varsavia la sospensione di molti fondi di coesione e sviluppo: la stretta su aborto e diritti Lgbt e la riforma della giustizia che è accusata di subordinare i giudici all’esecutivo sono sotto scrutinio. Tutto questo crea un contesto delicato, dato che negli ultimi anni la Polonia è diventata un architrave dell’Ue, principalmente per la nuova enfasi data alle dinamiche securitarie e militari che vedono Varsavia prima nella Nato per spesa militare pro capite e bastione del contenimento della Russia. Nawrocki gioca su più fronti: PiS è un partito radicalmente antirusso, ma al contempo oggigiorno per venire incontro alle fasce più nazionaliste dell’elettorato promette di stoppare l’adesione dell’Ucraina all’Ue.
Nawrocki ha, in un certo senso, controbilanciato Dan. E dunque per il campo europeista la sua vittoria è stata un vero e proprio scacco strategico. Ma l’Est Europa, parafrasando quanto diceva Winston Churchill dei Balcani, continua a produrre più storia di quanta ne riesca a digerire. E così cinque giorni dopo la vittoria del sovranista di Varsavia si è avuto il via libera di Bce e Commissione Ue all’ingresso della Bulgaria nell’area euro. Un passaggio dall’elevato valore strategico, nota Politico.eu, secondo cui “questa mossa vincola ancora più strettamente uno dei paesi più poveri dell’Ue alle strutture istituzionali comunitarie”, elemento ancora più decisivo “in un momento in cui la Russia sta esercitando pressioni economiche, politiche e persino militari sui suoi ex vicini del blocco orientale, portando alcuni a flirtare con una politica estera più favorevole al Cremlino”. A Sofia la scelta ha suscitato proteste. All’Europa il compito di conquistare la fiducia della Bulgaira. Segnando un punto in più in tempi complessi per l’Ue nella sua regione-cardine.