Nove anni fa, il 24 giugno 2016, i cittadini britannici si svegliavano in un Paese diverso: il referendum del giorno prima aveva approvato l’uscita di Londra dall’Unione Europea con una stretta maggioranza. E i volti simbolo di questa campagna erano due: Boris Johnson, sindaco di Londra e capo dell’opposizione euroscettica nel Partito Conservatore, da un lato. Nigel Farage, leader dello United Kingdom Independence Party (Ukip), dall’altro. BoJo, premier dal 2019 al 2022, ha compiuto il Corso della sua carriera politica affrontando la concretizzazione dell’uscita di Londra dall’Unione Europea. Un’uscita che, nei fatti, ha tutt’altro che rispettato molte delle aspettative dei suoi proponenti: il Regno Unito non è più ricco, più prestigioso e più influente su scala globale di prima. Ha gli stessi problemi di ieri e condivide le stesse tendenze decliniste dell’Europa, senza nemmeno più i vantaggi del mercato unico. Sul piano geopolitico non è affatto leader di un campo atlantico alternativo o di un’alleanza legata al Commonwealth né può pensare per eredità coloniale di ergersi sopra attori dinamici come Canada e Australia.

La Global Britain pensata da Johnson, la “Singapore sul Tamigi” della finanza che si pensava di costruire a Londra non c’è. In compenso, c’è la scollatura centro-periferia, la crisi fiscale, il deperimento delle comunità locali. Il Partito Laburista ha vinto le elezioni dopo 14 anni di opposizione nel 2024 anche perché le promesse dei Tory apparivano distanti dalla realtà. E risulta dunque quantomeno paradossale registrare che, nove anni dopo, a guidare i sondaggi politici britannici ci sia il secondo protagonista del voto del 2016: Nigel Farage col suo Reform Uk, partito erede dell’Ukip salito al 30-32% nei sondaggi, sopra Conservatori e Laburisti, come prima forza d’opposizione. Il bersaglio non è più Bruxelles, ma oggi sono altri temi: il woke delle università, l’agenda green, la sicurezza nelle città, gli immancabili immigrati. Ieri come oggi la narrazione è quella di un Paese assediato da forze allogene, che deve liberarsi dai ceppi imposti dall’esterno e dalle minacce alle porte per tornare a volare. Farage, eletto nel 2024 per la prima volta in Parlamento, è alla sua grande occasione politica. Nel 2025 come nel 2016, il Regno Unito dà fiducia a chi gli promette un destino diverso. A prescindere dalle lezioni della storia recente sul rischio di dare soluzioni semplici a problemi complessi.