Dalla guerra ad alta intensità alla pace “calda”: Israele e Iran hanno accettato il cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti nella giornata del 24 giugno ma la loro rivalità resta strategica e a tutto campo. La sensazione è che la temporanea chiusura del tempio di Giano non sia il preludio a una pace duratura ma la potenziale fase di compensazione tra due periodo di conflittualità. Non stiamo, necessariamente, parlando di una ripresa delle ostilità che per dodici giorni hanno visto in trincea i due Paesi, coi raid di Tel Aviv contro le infrastrutture militari e nucleari iraniane e gli sbarramenti missilistici di Teheran. Ma piuttosto pensiamo a un’ipotesi di confronto asimmetrica, fondata sull’uso strategico dell’intelligence, della leva delle minacce ibride e indirette, delle pressioni politiche.
Alcuni elementi permettono di comprenderlo. Innanzitutto, è da registrare l’attivismo dimostrato da un misterioso account X che dice di parlare nientemeno che a nome del Mossad, l’inafferrabile sistema d’intelligence estera di Israele, e cosa più curiosa di farlo in farsi, la lingua più parlata in Iran. Il profilo è nato il 27 giugno, tre giorni dopo la fine delle ostilità, parla di una “guerra che continua”, della minaccia al potere dell’Ayatollah Ali Khamenei e della possibilità per i cittadini della Repubblica Islamica di fornire informazioni strategiche a Tel Aviv per rovesciare il regime. Vera strategia di Israele o tentativo di confondere le acque da parte dei servizi segreti iraniani in una fase in cui la caccia alla spia di Tel Aviv, dopo i buchi mostrati da Teheran nelle scorse settimane, sta prendendo una nuova piega con tanto di esecuzioni e arresti di massa? Tutto si muove nella zona grigia del “non detto”, come succedeva quando per anni Israele e Iran si scambiavano colpi tramite i rispettivi servizi segreti.
Vero è che, al contempo, l’Iran vuole ristabilire una deterrenza credibile. Delle ultime settimane sono tre le notizie degne di nota che mostrano una volontà della Repubblica Islamica di muoversi sul piano politico in forma attiva: l’annuncio della sospensione dell’accordo con l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (Aiea) per le ispezioni ai siti nucleari, che ridà a Teheran una dose di ambiguità strategica; la ricomparsa in pubblico di Khamenei dopo settimane in cui era nel mirino israeliano; infine, l’acquisto di batterie di missili terra-aria antiaerei dalla Cina per blindare e rinforzare le sue difese. Si prepara lo Stato alla “pace calda”?