Israele-Gaza e riarmo. Madrid gioca la sua partita autonoma. Anatomia della grande strategia di Pedro Sanchez
Le ultime settimane hanno visto un grande dinamismo politico mostrato dalla Spagna di Pedro Sanchez, Paese che si è mosso per rivendicare i suoi spazi d’azione e la peculiarità della sua posizione in Europa su diversi dossier caldi. Due i temi principali su cui l’originale elaborazione politica di Madrid si è manifestata: da un lato, il conflitto israelo-palestinese. Sanchez ha già da oltre un anno mostrato tutte le sue dure critiche allo Stato Ebraico per la pulizia etnica che sta portando avanti a Gaza e la sua critica si è tra giugno e luglio ulteriormente intensificata. Madrid ha tagliato tutti i contratti di fornitura militare con Tel Aviv, ha definito “genocida” il governo di Benjamin Netanyahu e chiesto la revoca dell’Accordo di Associazione Ue-Israele. Inoltre, la Spagna riconosce la statualità della Palestina ed è in sostegno al Sudafrica nell’indagine presso la Corte Internazionale di Giustizia per verificare se le azioni di Tel Aviv siano qualificabili come genocidio. Dall’altro, a fine giugno al summit Nato de L’Aja la Spagna ha messo in campo una sistematica critica alle politiche di riarmo dell’Alleanza Atlantica e in particolare dei suoi membri europei. Per Sanchez il target del 3,5% in spese dirette per la difesa e del 5% come totale per gli investimenti in sicurezza in rapporto al Pil è eccessivo e questo impone un ridimensionamento dell’obiettivo al 2,1%. I Paesi della Nato non hanno seguito Madrid sul suo terreno, ma non hanno potuto non dare via libera politicamente a questa uscita dai blocchi.
Come mai Sanchez si prende queste libertà? C’entrano ragioni politiche contingenti e strutturali. La Spagna, indubbiamente, è condizionata nella sua azione dalla sua condizione politica interna, che vede la coalizione a guida socialista del primo ministro doversi barcamenare tra gli scandali interni (soprattutto legati a presunti impianti corruttivi) e la pressione dell’estrema sinistra sulla Moncloa, che spinge a posizioni nette su Israele-Gaza e Riarmo. Al contempo, però, la Spagna ha da tempo strutturato una politica estera che vede nella sicurezza e nell’equilibrio del Mediterraneo e del suo estero vicino la priorità e una diplomazia negoziale molto profonda già messa alla prova con mediazioni in scenari critici come quello tra Marocco e Algeria e la crisi in Venezuela. La Spagna, dunque, proprio in virtù del suo rango di potenza di medio rango può permettersi giri di valzer e Sanchez intende approfittarsene. Al contempo, con un’economia solida alle spalle e problemi politici legati soprattutto al fronte interno, gli esteri diventano anche un’occasione di costruzione di nuovi consensi che al governo iberico oggi servono più che mai.