Due immagini recenti qualificano l’impatto di lungo periodo delle scelte politiche con cui la Francia ha, in un ventennio, perso l’Africa. Un evento politico e uno giudiziario si parlano, più che simbolicamente. 14 ottobre: l’ormai ex presidente del Madagascar Andre Rajoelina scappa in aereo da Antananarivo a Parigi dopo che i militari hanno rifiutato di proseguire la repressione delle proteste giovanili nel Paese per il carovita, la corruzione e l’assenza di prospettive.

Il colonnello Michael Randrianirina si è insediato come presidente dopo che la sua unità d’élite, il CAPSAT, ha guidato l’ammutinamento contro Rajoelina e un ricco uomo d’affari, Herintsalama Rajaonarivelo, è stato nominato primo ministro. Nessuno dei due sembra avere legami strutturali con l’ex colonizzatrice, espulsa con questa rivolta anche da uno degli ultimi presidi africani. E questo ci rimanda alla seconda scena.

22 ottobre: un altro ex presidente, questa volta francese, inizia a scontare la sua pena detentiva. Parliamo di Nicolas Sarkozy, terzo ex capo di Stato francese a essere incarcerato nella storia del Paese dopo Re Luigi XVI e il generale Philippe Petain che guidò la repubblica di Vichy collaborazionista con la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Nella condanna per associazione a delinquere di Sarkozy c’entra l’Africa e c’entra il peccato originale con cui Parigi ha iniziato a perdere il continente. Con Sarkozy presidente, nel 2011, la guerra lanciata in Libia contro il regime di Muammar Gheddafi avviò una stagione d’interventismo francese proseguita poi in Mali e Sahel dai risultati dubbi e incerti. La condanna dell’ex leader gollista ha a che fare proprio con i presunti, torbidi legami col Colonnello, che avrebbe finanziato lautamente la sua campagna elettorale del 2007. Il sospetto è che nella guerra del 2011 pesarono notevolmente anche i rapporti personali tra Gheddafi e Sarkozy, desideroso di far dimenticare questo capitolo spiacevole poi accertato dalla magistratura francese. In Africa questo precedente non è stato dimenticato: il distacco da Parigi delle giunte militari di Mali, Niger e Burkina Faso nate negli ultimi anni detronizzando i presidenti filofrancesi al potere, il ritiro delle truppe transalpine da Ciad e Senegal e la perdita del Madagascar si inseriscono sullo stesso tracciato, quello di un’influenza appannata e in continuo disarmo, di cui le ultime settimane hanno mostrato tutta l’ampiezza.