Macron naviga a vista, il Paese ribolle. Ma è nell’interesse europeo una Francia solida.

La Francia si trova in un pieno caos politico che si riflette dal profilo istituzionale al futuro dell’economia. Lunedì 8 settembre è caduto il governo di François Bayrou, il sesto primo ministro dell’era di Emmanuel Macron e il veterano di mille battaglie politiche che, nonostante un discorso molto enfatico per perorare la sua manovra di taglio alla spesa pubblica e al debito («I giovani francesi pagheranno per 20 o 30 anni la nostra inazione!») è stato travolto dal Parlamento.

Il Rassemblement National di Marine Le Pen e la sinistra radicale capitanata da Jean-Luc Mélenchon hanno chiuso Bayrou in una morsa. Al governo è stato nominato Sebastien Lecornu, ministro delle Forze Armate e negli anni scorsi stratega del riarmo. Lecornu, 39 anni, completa nell’ora più dura della macronia il suo cursus honorum politico e ha giurato all’Eliseo nella giornata del 10 settembre, quando, in tutta la Francia, il movimento auto-organizzato “Blocchiamo Tutto” paralizzava strade, ferrovie, università, aziende, uffici pubblici e i sindacati sfilavano sotto l’Arco di Trionfo chiedendo una maggior equità sociale e minori sacrifici per i lavoratori.

La crisi francese è la crisi di un Paese che non ha fatto le riforme su previdenza, spesa pubblica, fisco e ha promosso una politica di grandeur sovradimensionata rispetto alle sue capacità e ora sconta l’eredità di una crescita stagnante, di un debito esplosivo e sempre più critico per gli investitori globali (lo spread con l’Italia si è azzerato) e di un periodo di 8 anni dall’elezione di Macron in cui il palazzo e la piazza si sono più volte scontrati. Da qui al maggio 2027, quando ci saranno le presidenziali per decidere il dopo-Macron, Parigi rischia di entrare in un vero e proprio ircocervo politico, una spirale di tensione sociale e destrutturazione del sistema di potere simile a quella vissuta dall’Italia nel 2011-2013.

Sullo sfondo, l’estrema destra sogna il grande passo verso il potere, ma sa di non poter soffiare sul fuoco, pena il rischio di governare sulle macerie, mentre la sinistra si dibatte tra il ribellismo di Mélenchon e la ricerca di una via governista da parte di socialisti e verdi.

Nel frattempo, tante questioni restano aperte: il governo Lecornu durerà fino a fine legislatura? Che sinergie cercherà il blocco presidenziale che governa senza maggioranza parlamentare per estendere il suo perimetro oltre i moderati di centro e centro-destra? Si riuscirà nell’equazione di far coesistere il calo della spesa pubblica con l’aumento del budget per la difesa visto da Macron e Lecornu come inevitabile per far fronte alla crisi geopolitica in atto in Europa? E il Paese come prenderà queste politiche?

L’incertezza francese parla a tutta l’Europa. Non è auspicabile vedere la settima economia del pianeta e seconda dell’Unione Europea entrare in una fase di crisi e spaccatura tale da farne mettere a rischio il ruolo in campo comunitario. Né si può dormire sonni tranquilli ricordando che ogni versante della crisi francese, dal debito alle spaccature politiche, farà inevitabilmente poi rotta sul resto d’Europa, a partire dall’Italia, per effetto contagio. A prescindere da Macron, l’Europa deve sperare che la Francia trovi una sua rotta per la stabilità, che coincide con quella del blocco intero.